DIPOSITIVI ELETTROMAGNETICI
I vari
dispositivi presenti in commercio
vengono presentati dalle rispettive aziende
produttrici come la soluzione meno invasiva
e reversibile per risolvere il problema
dell’umidità di risalita nelle murature.
Tutte le aziende sembrano individuare nella
differenza di potenziale elettrico tra il
terreno (polo positivo) e la muratura
soprastante (polo negativo) la causa (in
realtà è un effetto) dell’umidità di
risalita. Le descrizioni dei vari
dispositivi sono invece tra loro molto
differenti e per molti aspetti incomplete o
imprecise; i termini utilizzati possono
suonare bene da un punto di vista
commerciale ma si discostano dal linguaggio
scientifico. Non si comprende ad esempio
come questi dispositivi possano emettere
“impulsi”, “vibrazioni” o “onde” (di non
precisata natura e a volte menzionati con i
prefissi “bio” ed “eco), come questi ultimi
si possano propagare nell’ambiente e come
possano infine “neutralizzare le cariche” o
“invertire la polarità” delle molecole
d’acqua o “controllare l’umidità di
risalita” presente nelle murature.
L’unica certezza è che questi dispositivi,
per poter funzionare, necessitano di
energia
iniziale (non necessariamente elettrica), la
quale (opportunamente trasformata) deve
essere in qualche modo propagata
nell’ambiente e fatta penetrare nelle
murature dell’edificio.
Ma per la fisica come è possibile la
propagazione di energia nello spazio? La
risposta è data dall’elettromagnetismo,
ovvero quella branca della fisica classica
che studia l'interazione elettromagnetica e
che ha permesso di spiegare fenomeni
naturali come l'elettricità, il magnetismo e
la luce.
Approfondiamo l’elettromagnetismo partendo
dai concetti di base.
Un campo elettrico E non variabile nel tempo
è un campo di forze generato nello spazio
dalla presenza di una o più cariche
elettriche.
Un dipolo elettrico (costituito da due
cariche elettriche uguali ed opposte di
segno, poste a breve distanza tra loro)
genera un campo elettrico, le cui linee di
forza (ovvero la rappresentazione grafica
dell’azione del campo elettrico nello spazio
circostante) sono raffigurate uscenti dalla
carica positiva ed entranti in quella
negativa.
Un campo magnetico B non variabile nel tempo
è un campo di forze generato nello spazio
dalla presenza di un magnete.
Un dipolo magnetico (costituito dai due poli
di un magnete) genera un campo magnetico, le
cui linee di forza (ovvero la
rappresentazione grafica dell’azione del
campo magnetico nello spazio circostante)
sono raffigurate uscenti dal polo nord ed
entranti nel polo sud.
Risulta quindi evidente l’analogia tra un
dipolo elettrico e un dipolo magnetico e più
in generale tra un campo elettrico e un
campo magnetico (non variabili nel tempo).
In particolare, in entrambi i casi, l’azione
dei rispettivi campi è percepibile sono a
breve distanza dai dipoli e si annulla
aumentando la distanza. Ad esempio un
magnete (calamita) è in grado di attirare un
materiale ferromagnetico solo se è posto a
breve distanza.
Solo il campo magnetico terrestre (o
geomagnetico) può essere percepito in
qualsiasi punto della superficie terrestre,
proprio perché i poli magnetici sono posti
in prossimità dei due poli geografici
(l’asse magnetico non corrisponde
perfettamente con l’asse geografico
terrestre; inoltre il polo Nord magnetico si
trova in prossimità del polo Sud geografico
e viceversa). Il campo geomagnetico non è
uniforme su tutta la superficie terrestre (è
massimo in prossimità dei poli e minimo in
corrispondenza dell’equatore) e non è
costante nel tempo (varia sia giornalmente
sia annualmente).
Sperimentalmente si è scoperto che un campo
elettrico E e un campo magnetico B, entrambi
variabili nel tempo, sono non solo simili
tra loro ma coesistono sotto forma di
campo
elettromagnetico.
Infatti si è verificato che in una spira
(anello di materiale conduttore)
attraversata da un campo magnetico variabile
si genera una corrente elettrica I variabile
(ovvero un campo elettrico variabile).
Viceversa una spira attraversata da una
corrente elettrica I variabile (ovvero da un
campo elettrico variabile) genera un campo
magnetico variabile.
In una bobina (utilizzata in campo
elettronico, elettrotecnico e meccanico),
che è un insieme di N spire, tutto risulta
amplificato per N volte.
Un campo elettromagnetico, che è costituito da un campo elettrico E e da un campo magnetico B entrambi variabili nel tempo, si propaga nello spazio (anche nel vuoto) sotto forma di onde elettromagnetiche.
In generale un conduttore attraversato da
corrente elettrica variabile nel tempo è in
grado di generare onde elettromagnetiche che
si propagano nello spazio circostante.
Queste onde a loro volta possono generare in
un conduttore una corrente elettrica
variabile nel tempo (induzione
elettromagnetica).
Su questi principi si basa il funzionamento
di una antenna trasmittente (che emette le
onde elettromagnetiche) e di una antenna
ricevente (che riceve le onde
elettromagnetiche).
Anche i dispositivi, concepiti per risolvere
il problema dell’umidità di risalita nelle
murature, si basano sui medesimi principi
fisici: tutti sono infatti in grado di
generare e di emettere (mediante piccole
antenne trasmittenti)
onde elettromagnetiche
nello spazio circostante.
Per generare un campo elettromagnetico,
alcuni dispositivi utilizzano un conduttore
attraversato da una corrente elettrica
variabile ottenuta dalla corrente elettrica
domestica (corrente continua); altri
dispositivi utilizzano una spira o una
bobina attraversata da una corrente
elettrica variabile indotta dal campo
magnetico terrestre (variabile nel tempo).
Le onde elettromagnetiche, emesse da tali
dispositivi, possono generare in una
muratura umida (che si comporta come un
conduttore) una corrente elettrica
variabile, in grado di annullare (o
ridurre), analogamente all’elettrosmosi, la
differenza di potenziale elettrico tra il
terreno (polo positivo) e la
muratura
soprastante (polo negativo).
Questo risultato, come già accennato, è
raggiungibile grazie al fatto che le onde
elettromagnetiche possiedono e trasportano
energia nello spazio.
Per comprendere meglio un’onda
elettromagnetica (e l’energia associata)
dobbiamo conoscere i parametri che la
individuano. Più precisamente un’onda
elettromagnetica, in quanto
onda periodica,
è definita da una lunghezza d’onda (a cui è
legata la frequenza) e da una ampiezza (a
cui è associata la potenza).
La lunghezza d’onda λ (metro) è la distanza
tra due massimi e due minimi dell’onda.
La frequenza u (hertz) è il numero di
oscillazioni dell’onda nell’unità di tempo
(secondo).
L’ampiezza A (metro) è la massima variazione
dell’onda (ovvero la distanza tra i massimi
o i minimi dell’onda e il suo asse di
propagazione).
Nel caso di un’onda elettromagnetica
all’ampiezza è associata la
potenza P (watt)
ovvero l’energia E (joule) trasportata
nell’unità di tempo (secondo).
Per un’onda elettromagnetica sono
fondamentali le due equazioni seguenti:
λ•u = c
c velocità della luce nel vuoto
(circa 300.000 km/s),
E = h•u
h costante di Planck.
Dalla prima equazione si apprende che
un’onda elettromagnetica si propaga nel
vuoto alla velocità della luce e che la sua
lunghezza d’onda diminuisce all’aumentare
della frequenza e viceversa.
Dalla seconda equazione si apprende che
l’energia trasportata dall’onda
elettromagnetica aumenta all’aumentare della
frequenza.
Si definisce intensità I (watt/mq) dell’onda
elettromagnetica l’energia trasportata che
nell’unità di tempo attraversa una
superficie unitaria perpendicolare alla
direzione di propagazione dell’onda.
Nel caso di una sorgente puntiforme (come
per i dispositivi in questione) le onde
elettromagnetiche si propagano con
fronti
d’onda sferici; in tal caso l’intensità
delle onde elettromagnetiche diminuirà
all’aumentare della distanza dalla sorgente,
in quanto l’energia (anche conservandosi)
attraverserà superfici sferiche sempre più
ampie.
E’ chiaro quindi che a un’onda
elettromagnetica è associato un concetto di
energia; per questo motivo un’onda
elettromagnetica viene denominata
radiazione
elettromagnetica.
Tutte le radiazioni elettromagnetiche
(finora conosciute) possono essere
classificate in base alla loro frequenza (o
lunghezza d’onda) all’interno dello
spettro
elettromagnetico.
All’interno dello spettro elettromagnetico
possiamo notare una prima distinzione tra
radiazione non ionizzante e
radiazione
ionizzante, in base alla propria incapacità
o capacità di liberare elettroni dagli atomi
o molecole (ionizzandoli) dei corpi
investiti.
Radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti
sono considerate le onde radio, le
microonde, i raggi infrarossi, la luce
visibile e i raggi ultravioletti (frequenze
minori).
Radiazioni elettromagnetiche ionizzanti sono
considerate i raggi ultravioletti (frequenze
maggiori), i raggi X e i raggi gamma.
Osservando lo spettro è evidente come
all’aumentare della frequenza aumenta
l’energia trasportata dalla radiazione
elettromagnetica e di conseguenza la sua
pericolosità.
Tutte le radiazioni elettromagnetiche sopra
menzionate possono propagarsi nello spazio
vuoto, nei gas (aria), nei liquidi e nei
solidi con velocità differenti. Inoltre, ad
eccezione della luce visibile, le radiazioni
elettromagnetiche risultano invisibili
all’occhio umano.
Analizziamo meglio la classificazione delle
radiazioni elettromagnetiche all’interno
dello spettro, partendo dalle basse
frequenze.
Le onde radio sono le radiazioni
elettromagnetiche in parte (per le frequenze
più basse) generate localmente da linee
elettriche esterne (a corrente alternata) e
dagli elettrodomestici (computer, lavatrice,
frigorifero,…) e in parte (per le frequenze
più alte) utilizzate da alcuni sistemi di
comunicazione (radio, televisione, telefoni
cordless, reti Wi-Fi) e dai radar.
Le microonde sono le radiazioni
elettromagnetiche utilizzate da alcuni
sistemi di comunicazione (televisione
satellitare, telefoni cellulari), dai radar
e dai forni a microonde (nei quali i cibi
vengono riscaldati o cotti per effetto
dell’irraggiamento sulle molecole
dell’acqua).
I raggi infrarossi sono le radiazioni
elettromagnetiche emesse da tutti i corpi
“caldi” (in funzione della loro temperatura)
e per questo vengono definite radiazioni
termiche (le termocamere sono in grado di
rilevare queste radiazioni termiche emesse
dai corpi mentre le telecamere IR consentono
una visione diurna e notturna grazie alla
sensibilità agli infrarossi); i raggi
infrarossi vengono utilizzati per riscaldare
(lampade IR riscaldanti) e per la
trasmissione di dati (telecomandi).
La luce visibile è rappresentata da tutte le
radiazioni elettromagnetiche visibili
all’occhio umano ovvero dai colori rosso,
arancione, giallo, verde, ciano, blu e
violetto (in ordine a frequenza crescente);
ad esempio la lampada ad incandescenza è una
sorgente di radiazioni elettromagnetiche
visibili ovvero di luce.
I raggi ultravioletti sono le radiazioni
elettromagnetiche utilizzate per analizzare
alcuni materiali sfruttando la fluorescenza
(in ambito scientifico ed investigativo),
per sterilizzare (in ambito ospedaliero) e
per ottenere sul corpo umano un’abbronzatura
(con brevi esposizioni a lampade UV
abbronzanti).
I raggi X sono le radiazioni
elettromagnetiche utilizzate, per la loro
elevata capacità di penetrazione nei corpi
(solo spesse lastre di piombo e notevoli
strutture in calcestruzzo possono
arrestarli), in ambito medico per
visualizzare la struttura ossea del corpo
umano (radiografie), in ambito scientifico
per l’analisi chimica dei materiali, in
ambito industriale per controlli non
distruttivi dei prodotti ed infine in ambito
di sicurezza aeroportuale per il controllo
dei bagagli.
I raggi gamma sono le radiazioni
elettromagnetiche prodotte dal decadimento
radioattivo (radioattività) dei nuclei
atomici (ad esempio in un reattore nucleare)
ed utilizzate in ambito medico per la
radioterapia contro alcune forme tumorali.
Il Sole è in grado di produrre radiazioni
elettromagnetiche di qualsiasi frequenza
(prevalentemente raggi infrarossi, luce
visibile e raggi ultravioletti) che
viaggiano nello spazio (vuoto) alla velocità
della luce. Fortunatamente l’atmosfera
terrestre riflette e assorbe le radiazioni
più pericolose mentre si lascia attraversare
dalle onde radio, dalle microonde
(parzialmente), dai raggi infrarossi (che ci
riscaldano), dalla luce visibile (che ci
illumina) e dai raggi ultravioletti con
frequenze minori (che ci abbronzano). E’
evidente quindi che la vita non sarebbe
possibile sulla Terra senza le
radiazioni
solari.
In generale per stabilire quanto una
radiazione elettromagnetica possa essere
pericolosa per l’essere umano devono essere
considerati tre parametri: la
frequenza
(all’aumentare della quale aumenta l’energia
trasportata), l’intensità (all’aumentare
della quale aumenta l’energia che nell’unità
di tempo attraversa una determinata
superficie) e la
durata
dell’esposizione
all’irraggiamento.
Quindi per l’essere umano è sicuramente
pericolosa l’esposizione ad una radiazione
elettromagnetica ad alta frequenza (raggi X
e raggi gamma) anche di bassa intensità per
un brevissimo periodo di tempo (pochi
secondi); analogamente potrebbe essere
pericolosa l’esposizione a una radiazione
elettromagnetica di bassa frequenza (onde
radio e microonde) di media intensità per un
lungo periodo di tempo (ad esempio dodici
ore ripetute ogni giorno dell’anno per dieci
o più anni).
Per entrambi i casi, ma specialmente per il
secondo, è fondamentale considerare
l’intensità della radiazione. Infatti,
ipotizzando di rimanere a una distanza
costante dalla sorgente elettromagnetica,
l’esposizione diventa più pericolosità
all’aumentare dell’intensità della
radiazione. Ipotizzando invece che la
sorgente emetta una radiazione di intensità
costante, l’esposizione diventa più
pericolosa avvicinandosi alla sorgente, in
quanto aumenta la quantità di energia
assorbita dalla superficie corporea
nell’unità di tempo.
La comunità scientifica ha riconosciuto
all’unanimità la pericolosità delle
radiazioni ionizzanti e i terribili effetti
sulla salute degli esseri umani (lo hanno
dimostrato le bombe atomiche nel 1945, il
disastro di Chernobyl nel 1986, il meno noto
”incidente” di Tokaimura nel 1999, …)
Per quanto riguarda la
pericolosità delle
radiazioni non ionizzanti il dibattito è
attualmente ancora aperto. Vi invito a tal
proposito a leggere su Wikipedia nella voce
“Radiazione elettromagnetica” il capitolo
“Effetti biologici delle radiazioni” in cui
si pone l’attenzione sui possibili effetti
delle radiazioni non ionizzanti sugli esseri
umani (e su tutti gli esseri viventi).
Dopo questa digressione scientifica sulle
onde/radiazioni elettromagnetiche siamo in
grado di completare la descrizione dei
dispositivi concepiti per risolvere il
problema dell’umidità di risalita nelle
murature. Come già accennato, le onde
elettromagnetiche, emesse da tali dispositivi, possono generare in una
muratura umida (che si comporta come un
conduttore) una corrente elettrica
variabile, in grado di annullare (o
ridurre), analogamente all’elettrosmosi, la
differenza di potenziale elettrico tra il
terreno (polo positivo) e la muratura
soprastante (polo negativo).
Le aziende produttrici non forniscono
informazioni precise (ovvero frequenza ed
intensità) relative alle
onde
elettromagnetiche che il proprio dispositivo
è in grado di emettere. Alcune aziende non
menzionano neppure all’elettromagnetismo: su
quali principi fisici si basa allora il
funzionamento del dispositivo da loro
prodotto? Ricordiamo a tal proposito che,
nel linguaggio della fisica, i termini
“impulso”, “vibrazione” ed “onda elastica”
vengono usati nell’ambito della meccanica e
i termini “onda elettrica”, “onda
magnetica”, “onda naturale”, “bio-onda” (o
similari) non identificano nulla di
esistente.
Leggendo quanto dichiarato dalle aziende
produttrici apprendiamo che, a fini del
normale funzionamento, per la maggior parte
dei dispositivi è richiesta poca energia
(corrente elettrica domestica) e per alcuni
di essi è sufficiente l’energia fornita dal
campo magnetico terrestre.
Altra informazione (o meglio prescrizione)
comune per tutte le aziende è che, a
garanzia del corretto funzionamento, tutti i
dispositivi devono essere posizionati
rispetto alla pianta dell’unità immobiliare
in posizione baricentrica.
L’informazione più importante fornita dalle
aziende produttrici è che il
funzionamento
dei propri dispositivi è stato
brevettato,
verificato in laboratorio e
certificato da
un ente riconosciuto.
Ricordiamo che la verifica in
laboratorio
prevede il posizionamento dei dispositivi in
un ambiente ideale di piccole dimensioni
(senza la presenza di persone, arredi ed
elettrodomestici) e il loro funzionamento
per un periodo limitato di tempo.
Completamente diversa è la
situazione reale
in cui l’ambiente (unità immobiliare) può
avere una pianta non regolare e presentare
al suo interno persone, arredi ed
elettrodomestici. In una situazione reale i
dispositivi si trovano inevitabilmente ad
operare in una situazione diversa da quella
ideale del laboratorio e si possono quindi
manifestare i relativi
limiti di
funzionamento.
Nella valutazione oggettiva di questi
dispositivi elettromagnetici preferiamo
parlare degli “effetti” che sono in grado di
apportare all’ambiente (in termini di
asciugatura delle murature) e alle persone
presenti (per lunghi periodi).
1
Effetto psicologico
notevole
Le persone decidono di installare i
dispositivi elettromagnetici presso la
propria abitazione, confidando che questi
possano risolvere in breve tempo il problema
dell’umidità di risalita nelle murature, e
cercando di allontanare il pensiero del loro
principio di funzionamento
(elettromagnetismo) e del ripristino degli
intonaci ammalorati (che dovrà comunque
essere effettuato in un secondo momento).
2
Effetto estetico minimale
I dispositivi elettromagnetici per ragioni
estetiche vengono quasi sempre posizionati
in un disimpegno (a parete o a soffitto); in
alcuni casi la loro posizione non risulta
più perfettamente baricentrica rispetto alla
pianta dell’unità immobiliare, limitandone
il corretto funzionamento.
3
Effetto
ambientale reversibile
Quello che viene definito dalle aziende come
un vantaggio ovvero la reversibilità del
funzionamento è in realtà uno svantaggio.
Infatti nel caso di furto, danneggiamento o
semplicemente cattivo funzionamento dei
dispositivi installati, il problema
dell’umidità di risalita si ripresenta in
breve tempo su tutte le murature.
4
Effetto
ambientale superficiale
Da quanto dichiarato dalle aziende
produttrici i dispositivi richiedono poco
energia; quindi presumiamo che l’effetto del
campo elettromagnetico sulle murature più
lontane rispetto ai dispositivi sia
decisamente superficiale (sarebbe meglio che
sia un poco più invasivo; ricordiamo però
che l’invasività per tali aziende è vista
come uno svantaggio).
5
Effetto
ambientale irregolare
Dal momento che la pianta di un’unità
immobiliare è quasi sempre irregolare (per
la presenza di murature di spessore
differente e a distanza variabile rispetto
alla posizione baricentrica), l’effetto del
campo elettromagnetico generato dai
dispositivi potrà essere più significativo
su alcune murature e meno su altre.
6
Effetto
ambientale parziale
Abbiamo visto che tutti gli elettrodomestici
e tutti i corpi caldi sono in grado di
emettere radiazioni elettromagnetiche, a cui
si aggiungono tutte le radiazioni emesse dai
sistemi di comunicazione. Anche se non è
nota la frequenza (o le frequenze) delle
radiazioni elettromagnetiche emesse dai
dispositivi all’oggetto, è probabile che si
possano verificare fenomeni di
interferenza
(nel caso in cui si sovrappongono due onde
elettromagnetiche con la medesima frequenza)
con le altre radiazioni presenti
nell’ambiente. In caso di interferenza
l’effetto del campo elettromagnetico
generato dai dispositivi su alcune murature
sarà parziale se non quasi nullo.
7
Effetto
ambientale incompleto
Come abbiamo visto nel caso
dell’elettrosmosi, con il procedere
dell’asciugatura della muratura si riduce la
quantità d’acqua che consente alla corrente
elettrica (indotta dal campo
elettromagnetico emesso dai dispositivi) di
attraversare la muratura. Di conseguenza il
processo di asciugatura si arresta prima che
la muratura sia di fatto completamente
asciutta.
8
Effetto ambientale nullo
Esiste una situazione tale per cui l’effetto
del campo elettromagnetico generato dai
dispositivi è completamente nullo. Questo si
verifica quando la muratura è stata
consolidata in fase di ristrutturazione con
l’inserimento di reti metalliche negli
intonaci (situazione molto frequente nelle
attuali ristrutturazioni in cui l’aspetto
del consolidamento strutturale è
fondamentale). Le reti metalliche applicate
all’esterno della muratura costituiscono una
gabbia di Faraday (definita come
quell’involucro costituito da un materiale
elettricamente conduttore in grado d'isolare
l'ambiente interno da un qualunque campo
elettromagnetico presente al suo esterno) ed
impediscono alle radiazioni
elettromagnetiche di investire la muratura.
9
Effetto
biologico non trascurabile
Le radiazioni elettromagnetiche emesse dai
dispositivi all’oggetto rientrano quasi
sicuramente nell’ambito delle radiazioni non
ionizzanti. Non ne conosciamo l’esatta
frequenza ma possiamo immaginare, viste le
dimensioni dei dispositivi, che l’intensità
delle radiazioni emesse possa essere
sicuramente maggiore di quella delle
radiazioni emesse dai sistemi di
comunicazione senza fili presenti nelle
nostre abitazioni. Premesso che non possiamo
al momento conoscere gli effetti di tali
radiazioni elettromagnetiche sull’essere
umano a lungo termine (ad esempio dodici ore
ripetute ogni giorno dell’anno per dieci o
più anni) possiamo però immaginare che
qualche effetto lo possano avere anche
a breve termine. Infatti, prendendo atto che
il campo elettromagnetico generato dai
dispositivi è efficace su una muratura
umida, come è possibile che questo non possa
avere alcun effetto sul corpo umano (che in
termini di peso è costituito dal 60% di
acqua)?
10
Effetto complessivo variabile
Alla luce dei punti precedenti possiamo
affermare che l’effetto complessivo dei
dispositivi elettromagnetici non sarà
certamente il medesimo in tutte le unità
immobiliari in cui vengono installati.
L’effetto complessivo sarà più significativo
in alcune situazioni e lo sarà molto meno in
altre. Anche i controlli di verifica del
buon funzionamento dei dispositivi,
effettuati dai tecnici delle aziende
produttrici, essendo ovviamente di parte,
non evidenzieranno in modo oggettivo i
risultati ottenuti.